San Domenico Savio

Gli aneddoti

Pubblicato: lunedì 30 marzo 2009

«Presto, venga con me»

Dicembre 1856. L 'aria è fredda perché è già scesa la notte. Don Bosco, nel suo ufficio, sta rispondendo alle lettere arrivate in giornata, Qualcuno bussa alla porta. - Avanti, chi è? - Sono io - dice Domenico Savio. Ha il volto serio e pensieroso -. Presto, venga con me. C'è una cosa importante da fare. - Adesso, di notte? Dove vuoi condurmi? - Faccia presto, Don Bosco, faccia presto. Don Bosco esita. Ma guardando Domenico vede che il suo volto, di solito così sereno, è molto serio. Anche le sue parole sono decise come un comando. Don Bosco si alza, prende il cappello e lo segue. Domenico scende velocemente le scale. Esce di casa, passa per una via, poi un'altra, ed un'altra, ancora e ancora finché si ferma. Sale una scala, raggiunge il terzo piano e suona una forte scampanellata. - E' qua che deve entrare - mi dice. E subito se ne va». La porta si apre. Si affaccia una donna . Vede Don Bosco e alza le braccia al cielo: - È’ il Signore che la manda. Presto, presto, altrimenti non fa più in tempo. Mio marito ha avuto la disgrazia tanti anni fa di abbandonare la fede e di iscriversi a una setta anticristiana. Adesso sta morendo, e chiede per pietà di potersi confessare, perché ha paura di presentarsi al tribunale di Dio. Don Bosco si reca al letto dell'ammalato, Lo confessa. Gli dà l'assoluzione a nome di Dio. Poche ore dopo quell' uomo muore. Il giorno dopo, Don Bosco avvicina Domenico in un momento in cui nessuno li ascolta. - Chi ti aveva parlato di quella povera persona? Domenico si mette a piangere. Don Bosco capisce che nel suo Oratorio c'è un ragazzo al quale Dio parla.

La stufa di don Cugliero

L'incontro di Don Bosco con Domenico Savio era stato provocato (oltreché dal Signore) da una grossa stufa: una di quelle stufe di campagna che ingoiano legna e in cambio diffondono un calore onesto e buono. Don Giuseppe Cugliero era l'insegnante della scuola elementare di Mondonio,il quale aveva intimato ai suoi trenta scolaretti: di portare ogni mattina insieme ai libri, un pezzo di legno. Una mattina del febbraio 1854 nevicava forte. Due alunni (grossi e maleducati) arrivarono senza il pezzo di legno. Don Cugliero non c'era ancora, e uno osò dire: - E voi, perché non avete portato la legna? Quei due ridacchiarono, parlottarono tra loro, e uscirono. Pigiarono della neve fino a farne due pallottolone, poi rientrarono portandole sulle braccia. Dissero: - Ecco la nostra legna! Aprirono il coperchio della stufa e buttarono dentro la neve. Quando arrivò don Cugliero era bell'e spenta. Don Cugliero era un insegnante severo, che castigava battendo la bacchetta sulle dita degli alunni, metteva in ginocchio e cacciava dalla scuola. (Allora tutti gli inse­gnanti facevano così). Quando vide quella stupidata, domandò inviperito: - Chi è stato? Nessuno fiatò, perché i due colpevoli avrebbero pic­chiato chi parlava. Alla ripetizione della domanda, si alzarono proprio quei due (che si erano messi d'accordo) e insieme indicarono Domenico: - E’ stato lui. Domenico si alzò stupito. Ma nessuno alzò gli occhi dai libri. Tanti piccoli vigliacchi. Don Cugliero disse stupito a Domenico: - Proprio tu, che sembri un pezzo di santino! Non me lo sarei mai aspettato. Uscendo dalla scuola, però, qualcuno fu preso dal rimorso, e sussurrò a don Cugliero: - Guardi che non è stato Domenico. Sono stati quei due là. Don Cugliero cadde dalle nuvole. Richiamò a gran voce Domenico, che era appena partito con i suoi libri. Ma perché sei stato zitto? Così ho compiuto un'ingiustizia davanti a tutta la classe. Bastava che mi dicessi: «Non sono stato io!». Domenico rispose tranquillo: - Anche il Signore è stato calunniato ingiustamente. E non si è mica ribellato. Don Cugliero rimase così colpito da quelle parole, che pensò tra sé: «Questo è un ragazzo buono sul serio. Gli farò un grosso regalo».

Alcuni mesi dopo Don Cugliero si recò a Torino, dove abitava il suo compagno di seminario don Giovanni Bosco. - Caro vecchio Cugliero! Perché non vieni anche tu a lavorare tra questo esercito di ragazzi? Saresti un maestro coi fiocchi! - Tu di ragazzi ne hai davvero più di me - sorrise don Cugliero ma io ne ho uno che vale tutti i tuoi messi in fila. E sono venuto per regalarlo al tuo Oratorio. Si chiama Domenico Savio, e noi lo chiamiamo «Minot». Se sai tirarlo su come si deve, ne verrà fuori un sacerdote di Dio di prim' ordine! - Sei sempre stato esagerato, tu - scherzò Don Bosco Anche tra questi che vedi correre e giocare come diavoletti scatenati, ci sono dei veri angeli, sai? Comunque, per me va bene. Io verrò ai Becchi per la festa del Rosario. Fammi incontrare questo tuo piccolo campione con suo padre.

5 parole misteriose

Nell' estate di quell'anno (1854) una violenta epidemia di colera aveva colpito Torino. Erano morte 1.248 persone. L'epidemia finì con le piogge d'autunno. Alla fine di ottobre le autorità sanitarie permisero che si riprendesse la «libera circolazione» per chi dal di fuori voleva entrare in città. Solo allora Domenico e suo padre poterono partire da Mondonio per Torino in velocifero (così venivano chiamate le carrozze pubbliche tirate dai cavalli). Arrivarono il 29 ottobre. La capitale del Piemonte li accolse con lo strepito di cento carrozze, le insegne colorate dei negozi, il frastuono continuo ed eccitato del mercato di Porta Palazzo. Scesero all' Oratorio attraversando il quartiere di Borgo Dora (la zona più inquinata e sporca di Torino, e anche la più colpita dal colera). Entrarono in un cortile dove giocavano molti ragazzi, e salirono all'ufficio di Don Bosco. Domenico notò subito un grosso cartello alla parete, con cinque parole misteriose: Da mihi animas, coetera tolle. Quando suo padre ripartì, superata la prima esitazione, Domenico domandò a Don Bosco cosa significassero quelle parole. E Don Bosco, sorridendo, lo aiutò a fare la sua prima traduzione dal latino: «Dammi le anime e prenditi tutto il resto». Era la parola d'ordine che Don Bosco aveva preso diventando sacerdote. «Quand' ebbe capito, Domenico - è Don Bosco che lo racconta - si fece per un istante pensieroso. Poi disse: "Ho compreso. Qui non si cerca denaro. Qui si cercano anime per il Signore. Spero che anche la mia anima sarà del Signore"».

Un biglietto per la Madonna

Quando Domenico entrò all'Oratorio, Don Bosco aveva 39 anni. Era nel pieno delle sue forze e pensava al suo massimo progetto: la fondazione dei Salesiani, gente in gamba consacrata a Dio per i ragazzi più poveri. Domenico si trovò con Giuseppe Buzzetti, Michele Rua, Giovanni Cagliero, Giovanni B. Francesia; un anno più tardi con Giovanni Bonetti e Francesco Cerruti: giovani che Don Bosco preparava, senza rumore, ad essere i primi Salesiani. I ragazzi che vivevano all'Oratorio giorno e notte erano un centinaio. Tra essi Domenico vide un gruppo di piccolissimi, che gli altri chiamavano sorridendo «classe bassignana»: erano gli orfani del colera, i bambini rimasti senza più nessuno ai mondo. Don Bosco li aveva accettati in casa sua con un atto di amore più grande delle sue possibilità. Alla domenica (e nel pomeriggio dei giorni feriali) i prati dell' Oratorio erano invasi da centinaia di ragazzi di ogni genere: venivano a giocare, a imparare qualcosa, a stare con Don Bosco, pronti a divorare la pagnotta della merenda e magari a scappare quando era l'ora di andare in chiesa. Tra quei ragazzi, sovente sporchi e maleducati, Domenico fu subito un amico. Ricordava Giovanni Bonetti: «Faceva il catechismo ai più piccoli nella chiesa dell'Oratorio, e tutti lo ascoltavano volentieri». La prima festa di Maria Immacolata che Domenico trascorse all'Oratorio (8 dicembre 1854) fu una giornata di entusiasmo grande. Papa Pio IX a Roma dichiarava verità di fede che la Madonna era nata senza peccato originale (= Immacolata Concezione). Domenico, nel pomeriggio di quel giorno, andò nella chiesa, si inginocchiò all'altare della Madonna e si consacrò a Lei con queste parole che aveva scritto sopra un biglietto: «Maria, vi dono il mio cuore, fate che sia sempre vostro. Gesù e Maria, siate voi sempre gli amici miei; ma per pietà fatemi morire piuttosto che mi accada la disgrazia la di commettere un solo peccato».

Venti passi e le pietre

Un giorno due compagni di scuola di Domenico si scambiarono titoli pesanti, si pestarono. Poi uno gridò: «Ti sfido a duello!». In quel tempo, il duello era una triste abitudine tra i militari. Una grave offesa veniva «lavata» con la sciabola, o con la pistola a venti passi. I ragazzi, affascinati come sempre dalla violenza, li imitavano con il «duello delle pietre». Anche quella volta fu così. In un prato vicino alla scuola, due amici misurarono venti passi, tracciarono due cerchi, collocarono 5 pietre in ognuno dei cerchi. I duellanti si prepararono al lancio. Domenico passava di li per tornare all'Oratorio, vide una piccola folla di spettatori e capì. Si trattava di una faccenda pericolosa: una pietra ben mirata poteva spaccare una testa. L'Oratorio era lontano. Non sapeva cosa fare. Quei due erano suoi amici, ma come farli smettere quella sfida stupida e pericolosa? Entrò nello spazio lasciato libero per i duellanti, si tolse dal collo il piccolo Crocifisso che portava sempre, si avvicinò ai due sfidanti. «Guardate il Crocifisso! - ordinò con fermezza - E adesso ripetete queste parole: "Gesù è morto perdonando i suoi crocifissori. Io invece non voglio perdonare, voglio fare una tremenda vendetta!"». Erano due bravi ragazzi, e rimasero senza fiato. Allora Domenico con voce triste continuò: «Perché volere farvi del male? Perché volete dare un dispiacere al Signore e alle vostre famiglie? Gesù ha perdonato chi lo uccideva, e voi non siete capaci di perdonarvi un insulto, uno schiaffo dato in un momento di rabbia». Il duello non si fece. Uno di quei due, diventato adulto, ricordava e diceva: «Mi sentii pieno di vergogna. Domenico era un caro amico, e la nostra era una triste avventura». Al «processo di beatificazione», cinque testimoni hanno giurato di aver assistito a quella scena drammatica.

Attività parrocchiali

Sante Messe

Feriale e Sabato festivo: Ore 18

Festivo: Ore 8 - 9.30 - 11.30

Sante Confessioni

1° Venerdì del mese: 9.30-11

Ogni sabato: 9.30-11 e 17-18

Adorazione

Sabato: Ore 17-18

Domenica: Ore 7-8

3° Giov. del mese: 21.15-22.30

1° Ven. del mese: 17-18 e 21-22

Santo Rosario

Ogni giorno mezz'ora prima della S. Messa pomeridiana.

Il giovedì nelle famiglie: 21.15

Grande liturgia

Con preghiere di lode, consolazione, guarigione, liberazione e S. Messa solenne, 1° Venerdì del mese, ore 21-23

Tutti i mercoledì

Ore 21.15: Preghiera di Lode e catechesi in sala parrocchiale o nel chiostro della canonica.

Primo Martedì del mese

Ore 17: Santo Rosario meditato

Ore 18: S. Messa per i defunti Opera Dottrina Cristiana


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